Della scienza e del negazionismo

Se guardiamo alla scienza dal punto di vista epistemologico, ovvero partendo dallo studio e dall’analisi dei suoi metodi per valutarne la validità, possiamo dire che ogni scoperta o teoria scientifica è  vera fino al giorno in cui qualcuno non dimostri la sua falsità parziale o totale con serie argomentazioni e soprattutto esperimenti che la comunità scientifica possa riprodurre, osservare e studiare. Ne consegue che ogni teoria non è mai assolutamente vera, bensì probabilmente vera, anche se questa probabilità è la più alta possibile. La grandezza della scienza è la sua possibile falsificazione, come dice Karl Popper, e cioè la possibilità sempre presente di essere contraddetta da qualche nuovo esperimento o da qualche nuova osservazione. Inoltre, come ci spiega Paul Feyerabend, l’allievo di Popper che ha criticato il maestro, gli scienziati, se vogliono progredire nella conoscenza, devono andare oltre i paradigmi dell’epoca in cui vivono, fino a pensare l’impensabile, l’inedito; la scienza ha bisogno di libertà e pensiero divergente, addirittura attingendo anche da altri metodi di conoscenza, se questo può dare i suoi frutti. Tutto questo ci fa capire la complessità della scienza, la bellezza e garanzia che ci offre, pur non disconoscendone limiti e contraddizioni, perché tutto può essere rivisto e corretto a piccoli o grandi passi.
Ci sono state epoche e pensieri filosofici (il neopositivismo) che hanno idolatrato la scienza, credendo che da sola potesse migliorare l’umanità e la sua esistenza. Altre correnti ideologiche hanno mostrato sfiducia nella scienza a causa dell’uso che se ne è fatto, pensiamo ai mezzi di distruzione di massa, o considerando che la tecnica, da semplice strumento, è diventata qualcosa che plasma l’Uomo, rischiando di sfuggire al suo controllo.
A che punto siamo oggi? L’attuale negazionismo nei confronti degli avvertimenti della scienza (cambiamenti climatici, pandemia o altro), non fa parte di una critica costruttiva del mondo scientifico, né nasce da una preoccupazione etica circa l’uso degli strumenti che gli scienziati hanno a loro disposizione. Nulla di tutto questo. E allora qual è la natura di tale negazionismo?
Si può interpretare come una fortissima resistenza, che ha valenze paranoiche (ed è comprensibile solo inquadrandola nell’ambito delle patologie psichiatriche), a superare l’attuale modello socio-economico liberista perché incompatibile con la vita stessa. Mi spiego meglio: affermare la realtà della catastrofe climatica o della pandemia, obbliga a cambiare le priorità: l’economia deve mettersi al servizio della vita e non solo quella di pochi, ma del pianeta nella sua interezza umana, animale e vegetale; la politica non può essere l’ancella di un mondo economico e finanziario che ha come suo scopo la crescita illimitata della ricchezza e dei consumi, perché, a meno che non venga a mancare alcun senso morale fra i suoi fautori (e ci sono esempi eclatanti purtroppo), deve preoccuparsi di emergenze inimmaginabili fino a pochi anni fa e delle loro conseguenze sulla popolazione.
Certo non bisogna sottovalutare anche la giusta paura di molti di perdere il lavoro e impoverirsi, ma anche in questo caso la risposta non è razionale: non è per esempio negando la pericolosità dell’attuale virus che si ferma la crisi economica, perché prima o poi la gente entrerà autonomamente in lockdown, e cioè quando vedrà che gli ospedali non possono più accogliere nessuno, di qualsiasi malattia si tratti. Allora però sarà troppo tardi per evitare la catastrofe.
C’è anche un altro elemento che conduce al negazionismo e questo è il narcisismo. Per il  narcisista estremo, il mondo reale deve conformarsi ai suoi desideri e perciò qualsiasi cosa possa limitare la sua volontà e ostacolare i suoi progetti, va cancellata, negata. Oggi il narcisismo maligno e distruttivo, come dice Erich Fromm, è una patologia molto diffusa. Ne vediamo degli esempi importanti in alcuni politici che non sono assolutamente in grado di confrontarsi con gli altri e con il mondo reale, ma restano aggrappati al loro esorbitante desiderio di potere a qualsiasi costo.
La resistenza psicologica, che assume aspetti veramente patologici, chiamata ‘negazionismo’, non è presente solo fra le élite che contano o tra chi subisce le conseguenze della chiusura di fabbriche e negozi, ma trasversale a quasi tutte le categorie sociali. Questo perché l’attuale modello di sviluppo è il paradigma in cui siamo immersi e non sembra di poter vedere alternative che non mettano in discussione il modo di vivere di chi  è ricco o anche solo di chi mangia le briciole che cadono dalla mensa dei ricchi, convinto di poter avere di più adeguandosi al sistema vigente.
La Terra ci dice che dobbiamo cambiare oppure rinunciare alla civiltà o forse estinguerci; ce lo dice la scienza e anche l’osservazione più semplice delle cose in atto, ma l’Umanità non è pronta a mettere tutto in discussione il più velocemente possibile, a rinunciare a certi livelli di consumi o alla speranza di raggiungerli, a deporre l’ascia di guerra riconoscendo che abbiamo tutti lo stesso destino e gli stessi diritti. L’Umanità non è pronta a prendere coscienza che ha un problema smisurato che può solo tentare di risolvere con la collaborazione di tutti, o almeno cercare di mitigare le sue conseguenze. Molti preferiscono non vedere, non sapere e diventano aggressivi nei confronti di chi dice loro come stanno le cose. Si inventano un mondo che non esiste: complotti, teorie bizzarre, pur di non cambiare e continuare a vivere nell’illusione che il nemico sia fuori, sia altro da sé. Interpretano la realtà attraverso il pensiero magico per sedare l’ansia, resistendo con tutte le loro forze all’evidenza, tanto più se trovano  nel gruppo e anche in persone che appaiono autorevoli e vincenti, lo stesso atteggiamento.
Certo l’ansia per quello che stiamo affrontando e dovremo come umanità affrontare nei prossimi decenni è immensa, ma non è certo negando la realtà che potremo attrezzarci per sfide inedite e cruciali.
Mai come oggi ci sarebbe bisogno di guide sagge, capi morali capaci di parlare al cuore e alla mente della gente, di dare nuove speranze che non siano illusorie senza oscurare il male che abbiamo di fronte e che in grandissima parte abbiamo creato noi perché è dentro di noi. Alcune di queste persone ci sono, ma  troppo spesso la loro voce grida nel deserto come quella dei profeti di biblica  memoria; altre non hanno il coraggio di mettersi in gioco.
Alla base del negazionismo e della impossibilità a cambiare, credo ci sia anche una profondissima sfiducia nell’essere umano, talvolta anche inconscia, molto difficile da superare per tutti. Come possiamo ancora darci fiducia quando capiamo veramente quello che abbiamo fatto e stiamo facendo? Come pensare che si possa cambiare?
Forse la ritrovata fiducia, se mai ci sarà, potrebbe essere la molla per ricredersi, per superare quelle resistenze che ci stanno portando direttamente nel baratro.
La scienza che oggi va ascoltata certo non è quella che ci permette di inventare sostanze sempre più inquinanti, armi sempre più letali, fare esperimenti sempre più immorali. Quella scienza va ripensata, regolamentata, ed è quella in genere al soldo dei grandi potentati economici. La scienza che oggi va ascoltata è quella che ci dimostra dove certe premesse ci possono condurre, pur non pretendendo di avere certezze assolute e mettendosi veramente al servizio della vita in tutte le sue forme. La nostra intelligenza non oscurata dall’ansia e dalle resistenze può valutare, riflettere, per poter poi agire insieme agli altri perché quando i problemi sono collettivi sortirne tutti insieme è la politica.

Della scienza e del negazionismoultima modifica: 2020-11-17T11:26:27+01:00da nadia2012a
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