Pedagogia della pandemia

La pandemia potrebbe insegnare molte cose, soprattutto a noi dei paesi ricchi. Questo perché i popoli più poveri sono purtroppo abituati a convivere con immense difficoltà, anche sanitarie, grazie alla nostra indifferenza e allo sfruttamento dei loro territori ad opera del mondo cosiddetto sviluppato.
In cosa consiste quella che si potrebbe chiamare la pedagogia della pandemia?
Innanzitutto apprendiamo che non siamo invincibili, ma che possiamo essere fragili e indifesi di fronte alle forze della Natura quando queste si scatenano, e che la malattia e la morte non possiamo sempre ricacciarle in un altro da noi per dimenticarle. La vita diventa il bene supremo quando si ha la percezione che non è più qualcosa di scontato; infatti, anche se ci sentiamo forti e sani, dobbiamo convivere con la consapevolezza del pericolo. Ma se la vita è la cosa più importante, tutto il resto, l’economia, il divertimento perdono spessore, vengono dopo. Certo chi perde il lavoro e il guadagno è giustamente disperato, ma anche a costui se gli si chiedesse cosa è più importante, non esiterebbe a confermare la tesi che la vita viene prima di tutto, solo che, attanagliato dal suo problema, di cui lo Stato e la società devono comunque cercare di farsi carico, spera che non sia lui o la sua famiglia ad ammalarsi in modo grave. Se la vita è la cosa più importante, la direzione degli investimenti può cambiare profondamente: sanità e ricerca scientifica, da troppo tempo trascurate, diventano i campi in cui impegnare risorse.
C’è una maggior percezione dell’interrelazione di tutte le cose: in pochi mesi un virus pericoloso ha raggiunto e coinvolto tutto il pianeta. I facili e veloci spostamenti di merci e persone, la globalizzazione, hanno contribuito a tutto questo. Ci sentiamo ancora nemici gli uni con gli altri, eppure abbiamo lo stesso destino e dobbiamo prendere provvedimenti simili per difenderci da qualcosa che ci accomuna al di là di ogni differenza, l’appartenenza alla specie umana. I muri reali o ideologici non ci proteggono dal covid. Quello che potrebbe invece proteggerci da qualsiasi evento globale negativo, è proprio la cooperazione, la solidarietà, la condivisione delle informazioni e delle risorse, perché ciò che succede lontano da noi, in pochissimo tempo può cambiare e compromettere le nostre vite e il nostro benessere.
Per affrontare eventi globali ci vorrebbe un coordinamento globale, forse una qualche forma di governo mondiale. Per affrontare un qualsiasi problema mondiale nato da situazioni locali che sono il frutto di mancanza di regole sanitarie o di altro tipo, di controllo, di mancanza di istruzione o di risorse, occorre superare le disuguaglianze spaventose che abbiamo creato. Per affrontare quella che sarà la vera catastrofe, e cioè il repentino cambiamento climatico e gli enormi spostamenti di popolazioni che causerà, l’Umanità non potrà andare in ordine sparso e non ci saranno barriere ad impedire il manifestarsi delle conseguenze naturali, economiche e sociali.
Se non utilizziamo da oggi la pedagogia di questa pandemia per imparare e cambiare, le lezioni che verranno potrebbero essere sempre più spaventose.
Siamo in ritardo a capire e ad agire. In ritardo per il covid e in ritardo per quello che da tempo stiamo facendo al pianeta Terra. Nonostante tutta la nostra scienza, siamo come dei bambini che non sanno quanto può fare male sporgersi da un balcone o prendere il fuoco con le mani. I negazionisti e i minimizzatori, qualcuno dice riduzionisti, del covid non hanno imparato la prima lezione, e a dire il vero anche i governi, finito il lockdown, l’hanno presa un po’ alla leggera sospinti dalla ricerca del consenso e dal bisogno, questo serio, di rilanciare l’economia. Ma ecco che la seconda ondata ci fa ripiombare nella necessità di cambiare e in fretta. Purtroppo però le carenze strutturali non si risolvono in qualche mese. Per questo bisogna che impariamo davvero per il futuro.
Qualsiasi apprendimento costa fatica ed è tanto più concreto quanto si è emotivamente coinvolti, purtroppo molte lezioni col tempo si dimenticano e si rischia di doverle ripetere. Il nazismo, il fascismo e l’ultima guerra mondiale erano state una tremenda e orribile lezione e per un po’ qualcosa è cambiato, almeno in Europa. Oggi sembra che si torni indietro: populismi, razzismo, tramonto delle democrazie, indifferenza verso i più deboli, machismo, incredulità nei confronti della scienza. Eppure il pianeta per salvarsi, insieme a tutti quelli che lo popolano, deve andare in un’altra direzione, ha bisogno di altro e ce lo sta, a modo suo, dicendo. Cerchiamo di non costringerlo ad una pedagogia della ripetizione perché ci può costare veramente molto, moltissimo.

Pedagogia della pandemiaultima modifica: 2020-10-23T17:53:03+02:00da nadia2012a
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