Himalaya

Non ho mai visto la catena dell’Himalaya, né quei popoli bruni che vivono ai suoi piedi fra pietre e piccoli campi erosi dal vento, ma mi sono bastate le foto di viaggi per provare emozioni potenti e perfino inspiegabili.

Quando la povertà non è miseria che uccide, nonostante l’affanno e la fatica, ha in sé qualcosa che riporta noi, abitanti delle città del superfluo, all’essenzialità, a una vita contadina primordiale che è nella radice dello spirito di ciascuno e vibra suoni ancestrali. Fa sentire la meraviglia e la potenza di misurarsi con giganti severi, a volte benigni, altre fatali, che sono la terra, le montagne, i cicli e la forza della natura. E’ sentire il rispetto, la reverenza verso un mondo ridiventato sacro che ci tiene in grembo, così come ci può schiacciare, un mondo che è la vita stessa.

Tutto questo, per noi, è sperimentare, seppur per poco, una dimensione in cui vita e morte sono più presenti, e hanno la grandiosità di un mistero che impone il silenzio e la necessità di dare un senso più profondo a parole e gesti, e all’essere insieme.

Percorrere i sentieri fra quei villaggi di pietra e fango, dove spesso gli unici colori accesi sono il rosso dei monasteri e il variopinto e continuo danzare delle bandierine della preghiera, con lo sguardo attratto dalle vette di ghiaccio più alte del mondo, fa sentire appartenenti a un’umanità in cammino, dove la propria fragile esistenza si fonde con migliaia di altre nei secoli. Fa sentire popolo in pellegrinaggio verso l’insondabile, alla ricerca di valori che, sbatacchiati dalla nostra quotidianità complicata, distratta e sterile, abbiamo perduto.

Inoltre, su queste montagne, nelle loro profonde valli, fra fiumi e deserti di roccia e neve, punteggiati di simboli religiosi, aleggia il richiamo a quella consapevolezza, di cui parla il buddismo, che sola, forse, può donarci un po’ di serenità.

Himalayaultima modifica: 2012-03-17T10:46:00+01:00da nadia2012a
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