I costruttori di mulini a vento

E’ sorprendente quello che è accaduto in seguito alla marcia dei profughi nei Balcani. In pochi giorni abbiamo avuto un’altra idea di Europa, di Germania, perfino della Merkel, un’altra idea anche dei migranti, tornati ad essere persone, un’altra idea dell’opinione pubblica europea, o almeno di una parte di essa.

Le idee, come le emozioni, e specialmente se dettate dalle emozioni, potrebbero essere effimere, momentanee. Potremmo illuderci che quel che è successo cambi qualcosa in modo definitivo nella politica europea, ciononostante i segni dei tempi segnano una rottura con il passato. I frutti non sappiamo ancora se saranno abbondanti o miseri, dolci o acerbi; comunque qualcosa di importante, non prevedibile, né scontato, è avvenuto.

Quando soffia il vento del cambiamento, alcuni costruiscono dei ripari ed altri costruiscono dei mulini a vento”: trovo questo proverbio cinese estremamente attuale e adatto a ciò che sta accadendo. Si alzano muri, si mettono barriere di filo spinato, si inveisce spaventati verso i migranti, si lanciano lacrimogeni, si usano spray urticanti persino sui bambini, si lasciano partorire donne senza assistenza, si bloccano treni e frontiere europee…e poi alcuni  costruiscono “mulini a vento” per utilizzare la nuova energia per vedere oltre, per trasformare l’inevitabile che bussa alla porta della Storia e delle loro vite, in qualcosa di utile per tutti, di bello per tutti.

Finalmente qualcuno mi ha stupita. Sono alcuni ungheresi, austriaci,  tedeschi,  italiani e altri ancora, che stanno accogliendo i profughi con un applauso, con un sorriso, una bottiglietta d’acqua, un panino, un abito o una coperta. Sono quelli che sanno passare dalla preoccupazione per sé alla solidarietà verso l’altro, quelli la cui paura si scioglie in una festa, quelli che sentono che la Storia sta bussando alla porta chiedendo di uscire dall’indifferenza e schierarsi, quelli che prima delle regole mettono la coscienza, rischiando del proprio, come chi è andato con l’auto a prendere i profughi che camminavano verso Monaco.

Qualcuno dice che è stata una foto a scatenare la compassione e poi la solidarietà, quella di Aylan, 3 anni, morto annegato mentre, con altri migranti, da Bodrum cercava di raggiungere l’isola di Kos. Qualcuno potrebbe obiettare che, prima di questo, di bimbi ne erano morti tanti e nulla era mutato, o che ormai il potere della comunicazione è immenso e ci fa provare sentimenti ed emozioni a suo piacimento, così come è anche capace di renderci assolutamente insensibili. Tutto questo è vero, ma credo anche che ci siano processi psichici e sociali che prima si muovono in modo sotterraneo e poi un evento catalizzatore, razionalmente non più eclatante di altri, ma fortemente simbolico, li faccia emergere.

Credo anche che il cambiamento sia stato in gran parte dovuto alla marcia coraggiosa dei profughi, alla loro resistenza nei confronti di governi senza scrupoli come quello ungherese: è diverso, anche se non dovrebbe, vedere in tv migranti disperati scendere da un gommone o da una nave su un’isoletta come Lampedusa o in uno dei nostri porti, circondati subito da poliziotti, medici e volontari, e invece vederli a migliaia camminare sulle autostrade d’Europa, accamparsi nelle piazze, nelle stazioni. E’ diverso vedere le madri preparare un letto di fortuna per i loro figli sul marciapiede o in un’aiuola delle nostre ricche città, vederle lavare con dignità i panni alla fontana più vicina, stringere i più piccoli al petto per difenderli dalle cariche della polizia, riparandosi dietro i mariti o i fratelli. In questi casi, quei corpi, che appaiono a molti fantasmi senza storia che vogliono venire a portarci via qualcosa, diventano persone, come noi, solo più sfortunate, e l’identificazione che porta all’empatia scatta più facilmente. Qualcuno comincia a pensare che potrebbe essere lui quel professore di inglese che spera in un futuro in Germania per la sua famiglia, quella ragazza che vorrebbe studiare medicina, o quell’anziano che ha lasciato tutti i suoi ricordi e la sua patria distrutta per finire i suoi anni in pace, sapendo al sicuro i nipoti.

E’ qui che i primi “costruttori di mulini a vento”, o forse dovremmo dire “costruttori di ponti” escono allo scoperto e cominciano a operare, e altri li imitano perché si accorgono che la solidarietà, uno sguardo di gratitudine, un sorriso di ringraziamento, la consapevolezza di aver aiutato o salvato qualcuno, rendono più felici di qualsiasi confort, acquisto, divertimento o altro di tutto ciò che la nostra civiltà può offrire.

Poi ci sono i politici, quelli che spiano gli umori della gente, pronti a cavalcarne l’onda o, talvolta, anche ad attendere che il vento muti direzione per fare ciò che hanno sempre saputo essere giusto, o conveniente ( considerando che l’Europa, a causa della bassa natalità, entro il 2060 avrà bisogno di 250 milioni di immigrati), ma che temevano di proporre ad un’opinione pubblica impaurita e razzista, perché quello che conta più di tutto è il consenso.

Anche questa volta abbiamo capito quanto conti l’opinione pubblica, quanto possa far mutare le cose in bene o in male; abbiamo capito quanta responsabilità abbiano i mass-media, il mondo dell’informazione, i giornalisti. Una parte d’Europa questa volta ha battuto un colpo, coerente con la sua storia, la sua civiltà e i suoi valori troppo spesso presenti solo sulla carta e traditi completamente nella realtà; quest’Europa che potrebbe, unita, diventare un esempio per tutti, un modello. Purtroppo non si vedono ancora cambiamenti significativi nella politica estera, e non certo possono rappresentarlo la volontà di Inghilterra e Francia di inviare bombardieri in Siria, come già fanno, pressoché inutilmente, gli Stati Uniti, mietendo inoltre terrore e vittime fra i civili. Ci vuole un progetto prima di tutto, per non ricadere nell’errore di combattere una terribile guerra e non costruire nessuna pace, e di destabilizzare ancora di più tutto il territorio. Ci vuole un progetto, una politica lungimirante, una diplomazia efficace: innanzitutto rinunciare a vendere le armi e massicci investimenti nei paesi poveri.

Speriamo che il vento abbia cambiato direzione davvero e continui a farlo, che sempre più persone ne sappiano sentire la voce. Speriamo che i costruttori di muri comprendano che ci sono eventi epocali che nulla può fermare, l’unica cosa è orientare la loro forza perché serva al mondo intero, a tutti.

 

I costruttori di mulini a ventoultima modifica: 2015-09-08T12:15:17+02:00da nadia2012a
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