E’ un estraneo, una macchina, che ci riempie di paura quando si accende qualche lampadina rossa. Una macchina complicata che deve obbedire agli ordini, e che ci terrorizza perchè sappiamo che non durerà per sempre e non potremo cambiarla, non tutta almeno, come le altre.
Ma cosa è veramente il nostro corpo? La stessa domanda indica quanto spazio separi la mente da noi in carne ed ossa. Il corpo siamo noi. Lo sappiamo, ma spesso viviamo come se non lo sapessimo. Il corpo non è solo i nostri pensieri, né solo il mangiare sullo stomaco, il dolore che ci tormenta o il piacere che ci provoca: il corpo sono le emozioni della vita, e non solo la nostra, che hanno lasciato traccia di loro in ogni cellula. Il corpo è la nostra storia, il nostro ieri e il nostro domani così incerto, come individui e come specie.
E’ anche la “terra” con cui siamo fatti, la “terra” come forza vitale con i suoi ritmi ancestrali, la madre creatrice di cui siamo parte, che ci ha allevati e ci sostiene finché ne vale la pena, se accanimenti terapeutici vari non si mettono di mezzo.
Forse è per questo che al mio corpo piacciono tanto le musiche africane. Sì, proprio al mio corpo. Lui danza da solo, senza me ( quel me razionale). Non sono “io”, nel senso delle mie capacità volitive e mentali a dirigerlo. E’ il corpo che si muove, che mi parla, quando sospendo ogni divisione e mi lascio diventare terra, terra libera.
Non è un’esperienza difficile, si fa da sola. Basta ascoltare il ritmo e lasciare esprimere il movimento. Insieme vengono le sensazioni, all’inizio indecifrabili, che poi prendono “corpo” (appunto!). Nascono, si rivelano, si evolvono in noi che siamo questo corpo, che diventa meno estraneo, e un po’ più amico. Un amico che vuole tempo per essere ascoltato, che ci può portare in territori sconosciuti, dove non c’è più l’identità che crediamo di avere, nazionalità, preconcetti, anche su se stessi, ma restano la vita trionfante e la sua consapevolezza che danzano assieme.