La ragazza di piazza Tahrir

E’ questo il titolo dell’ultimo libro di Younis Tawfik. E’ un lungo racconto dei ‘giorni della collera’ al Cairo, i giorni della primavera araba, visti con gli occhi di una giovane donna che si ribella sia al regime sia alle imposizioni familiari e della cultura in cui è immersa. Per la libertà la protagonista sfida la madre, che ha abbracciato il conservatorismo religioso intransigente per non sentire quanto la sua vita sia stata condizionata e distrutta dalle convenzioni più retrive della cultura maschilista. Allo stesso modo questa  ragazza, di nome Amal, sfida il potere con una forza, una determinazione, ma anche un’ingenua fiducia, che noi occidentali non siamo più abituati a vedere nelle nostre generazioni di giovani.

Mentre leggevo il libro, mi accorgevo che quel modo di sentire non ci appartiene, o meglio non ci appartiene più, perché mi ricorda lotte di altri periodi o perfino di altri secoli. Lotte in cui si mette la vita in gioco perché vivere, dovendo schiacciare nel fondo di se stessi l’ansia di giustizia e di libertà, non ha più alcun senso, o perché il domani non c’è, e ogni giorno va strappato ad un mondo ostile e violento che distrugge i sogni di chi, per età o temperamento, non può rassegnarsi a un’esistenza priva di speranza.

Nel libro si scoprono poi le varie figure che la primavera araba hanno compiuto, differenti fra loro, anche ostili fra loro: gli islamisti che vogliono una società fortemente religiosa secondo la loro interpretazione del Corano, che varia da gruppo a gruppo,  e i laici che, nelle piazze e durante le battaglie, non scandivano mai parole dettate esclusivamente dalla fede, e si riconoscono nelle stesse lotte che l’Occidente ha compiuto in secoli di storia per i diritti umani e la libertà di parola e idee.

I blog, i network, sono stati i mezzi con cui i giovani arabi hanno dato sfogo ai loro bisogni e al loro pensiero, dove uomini e donne si sono incontrati, riconoscendo di vivere lo stesso intenso malessere, seppur in modo diverso, dove i sogni hanno messo le ali e sono diventati movimento, corpi in piazza, lacerati, per chiedere di essere felici.

Younis Tawfik parla anche della poesia nel suo romanzo, esso stesso intriso di espressioni e sentimenti poetici.  Espressioni che a tratti mi ricordano il “Cantico dei cantici” per la bellezza di parole e metafore struggenti che narrano la passione per la propria terra e per il proprio amato. La poesia è molto sentita da questi popoli che hanno un cuore e un animo meno offuscati dal nostro gelido razionalismo e pragmatismo. Alla fine del racconto un gesto di libertà è diffondere versi, i propri, a dispetto dello spettro della repressione, anche se “i lupi non sono ancora scomparsi”.

La ragazza di piazza Tahrirultima modifica: 2012-10-30T18:21:00+01:00da nadia2012a
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