ESSERE

 

“La chiave di Sara”, il film tratto dal romanzo di Tatiana de Rosnay, mi ha lasciato un gran senso di vuoto, un vuoto triste. E’ così fragile la memoria…si può trattenere per un po’…si può conservare in un libro, un film… ma poi tutto si disfa pian piano, nessuno sa più ciò che è accaduto, e anche se si trova fra le mani, o su una pagina web, la storia di una persona… può sembrare ormai così lontana… e lentamente quella vita e il suo dolore si perdono nella nebbia del tempo.

La storia narrata nel film è il contrario di tutto questo. Qualcuno vuol ricordare, completare il puzzle, cercare la verità, dare testimonianza di una vita dimenticata, travolta dall’orrore dello sterminio.

Sterminio è una parola che non rende ciò che è accaduto: è troppo breve, troppo semplice, troppo generica. Bisognerebbe raccontare i minuti, le ore, i giorni infiniti di incredulità, di stupore, di ansia, di terrore di quelle vite, di tante vite uccise perché l’altro da sé, solo meno di settant’anni fa, in Europa, non era riconosciuto umano.

 

 

La mostra documentaria su Anna Frank.

Ho guardato intensamente il suo volto di bambina. E’ morta e non sa, non può sapere che, almeno lei, è diventata immortale. Voleva diventare una scrittrice, e c’è riuscita, ma, per ironia della sorte, soltanto dopo che la sua vita è cessata a Bergen-Belsen. Mentre moriva in quella terribile lunga agonia che è un campo di concentramento, neppure sapeva che suo padre era ancora vivo. Aveva perso l’infanzia e la giovinezza in una sola volta, aveva perso il futuro. L’ultimo filo di speranza le si è spezzato fra le dita.

Eppure, almeno in questo caso, l’innocenza si è vendicata della crudeltà: l’innocenza ha perpetuato ciò che altri volevano disperdere, schiacciare, annientare.

ESSEREultima modifica: 2012-01-28T10:06:00+01:00da nadia2012a
Reposta per primo quest’articolo
Questa voce è stata pubblicata in Senza categoria. Contrassegna il permalink.